Sant'Antonio del Porcello

17 gennaio - Cominciamo subito col dire che in questo nome non c'è nessuna irriverenza verso fra i Santi più amati d'Italia. E' solo il modo con cui veniva un tempo chiamato a Lizzano in Belvedere per la presenza nell'iconografia ufficiale dell'immancabile maialino raffigurato ai piedi del Santo. Messo alle spalle in Natale, il lungo periodo che preludeva la primavera era contrassegnato da numerose cerimonie che avevano lo scopo di purificare gli uomini, gli animali i i campi, ciò allo scopo di favorire il rinnovamento. Fra queste la più importante e simbolica è sicuramente quella di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, nella quale si celebra la figura straordinaria del patriarca del monachesimo vissuto in Egitto fra il 250 ed il 356. In realtà le leggende e le usanze connesse a questa festa non derivano tanto dalla figura storica del Santo né dalle sue opere quanto appunto dalla collocazione nel calendario grazie alla quale Sant’Antonio ha assunto e si è sostituito alle funzioni delle divinità pagane celebrate in precedenza legate al ciclo della purificazione della natura. Da ciò deriva ad esempio l’usanza di benedire gli animali domestici sul sagrato della chiesa e quella di offrire doni ai sacerdoti che distribuivano immaginette del Santo che possiamo trovare ancora oggi nelle stalle. Ma Sant’Antonio è considerato anche il protettore dell’erpes zoster, comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio, ciò è legato alla leggenda che attribuisce al Santo la proprietà del fuoco e all’usanza di incendiare nella notte che precede la festa grandi cataste di legna (dette appunto falò di Sant’Antonio) che avevano una funzione purificatrice e beneaugurate bruciando tutto ciò che restava dell’anno vecchio. Anche il maialino che ne caratterizza l’iconografia è da collegare al culto della Grande Madre Cerere se non addirittura ad un Dio Celtico raffigurato come un giovane che porta in braccio un cinghiale. Si tratta del dio Lug, figlio della Grande Madre Celtica, che risorgeva ogni anno assicurando il ritorno della primavera e della luce. I celti convertiti avrebbero quindi trasferito gli attributi di Lug a Sant’Antonio. Si dice anche che la notte di Sant’Antonio gli animali acquistino la favella e parlino fra di loro ma nessuno, pena la morte, deve tentare di carpire questi colloqui segreti. Si racconta che un giovane contadino incredulo e senza scrupoli osò sfidare questo tabù nascondendosi nella stalla fra la paglia. A mezzanotte arriva all’orecchio del giovane alcuni frasi di un dialogo premonitore: “Cosa faren dman?”, “Na cassa da mort”, “E per chi?”, “Per quel che sta ascoltando”. La mattina dopo il giovane intruso fu trovato morto. Un rispetto per gli animali che colpì anche lo scrittore Goethe il quale, in occasione del suo Viaggio in Italia del 1787 fu colpito dall’usanza di non utilizzare le carrozze il giorno di Sant’Antonio come forma di rispetto per gli animali. “Oggi tutti i padroni devono restarsene a casa oppure girare a piedi, e non si manca mai di raccontare qualche brutta storia di signori miscredenti che, avendo obbligato in questo giorno i loro cocchieri ad attaccare gli equipaggi, sono stati puniti con gravi sciagure”. Soltanto seguendo il filo sotterraneo che collega le credenze pagane alle tradizioni cristiane medioevale è quindi possibile spiegare la popolarità di questo Santo caduto in disgrazia negli ultimi decenni.

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